gioffry
Moderatore sezione Analogica
Ci sono tanti modi per farlo, ma vi racconto come IO tratto le stampe fine art. Il segreto? una lastra di alluminio e una carta per fritti!
foto tratta da Google
Cominciamo precisando che la baritata, al contrario della politenata, non contiene plastica (il polietilene appunto) bensì fibra, per cui è l’unica che a ragion veduta può essere chiamata CARTA!
Il nome “baritata” deriva dal solfato di bario su cui è stesa l’emulsione che rende la carta perfettamente bianca (questo sale viene utilizzato anche nell’industria delle vernici per creare smalti bianchissimi) e le consente di “registrare” i veri toni della fotografia (ecco perchè sulla baritata osserviamo i VERI bianchi e i VERI neri).
Bene! Dopo aver sviluppato la nostra stampa perchè è necessario lavarla? Riprendo una frase di Marco Barsanti: “il principale compito dell’acqua di lavaggio è quello di asportare il tiosolfato (iposolfito) ed i sali complessi di argento-tiosolfato assorbiti dalla fibra. Dal loro livello residuo dipende in larga misura la longevità della stampa”.
Io non posseggo una lavatrice, non ho un’asciugatrice e non ho una smaltatrice. E non ne sento affatto il bisogno. Allora come faccio? Semplice.
foto tratta da Google
Cominciamo precisando che la baritata, al contrario della politenata, non contiene plastica (il polietilene appunto) bensì fibra, per cui è l’unica che a ragion veduta può essere chiamata CARTA!
Il nome “baritata” deriva dal solfato di bario su cui è stesa l’emulsione che rende la carta perfettamente bianca (questo sale viene utilizzato anche nell’industria delle vernici per creare smalti bianchissimi) e le consente di “registrare” i veri toni della fotografia (ecco perchè sulla baritata osserviamo i VERI bianchi e i VERI neri).
Bene! Dopo aver sviluppato la nostra stampa perchè è necessario lavarla? Riprendo una frase di Marco Barsanti: “il principale compito dell’acqua di lavaggio è quello di asportare il tiosolfato (iposolfito) ed i sali complessi di argento-tiosolfato assorbiti dalla fibra. Dal loro livello residuo dipende in larga misura la longevità della stampa”.
Io non posseggo una lavatrice, non ho un’asciugatrice e non ho una smaltatrice. E non ne sento affatto il bisogno. Allora come faccio? Semplice.
LAVAGGIO
- abbiate MASSIMA cura della carta durante il travaso da una bacinella ad un’altra nella fase di sviluppo. Non usate pinze, usate solo le dita, prendendo la carta da due angoli e avendo cura di farla sgocciolare per bene fra un bagno ed un altro;
- riempite una bacinella di acqua pulita e ponete la stampa sul pelo dell’acqua;
- fate scorrere l’acqua alla minima apertura del rubinetto per 40 minuti; davvero un rigolo di acqua! Aprire il rubinetto al massimo non serve a nulla! Anzi è controproducente: si possono creare delle gobbe nella carta (dovute al forte getto con cui l’acqua la colpisce), per non parlare dello spreco!
- sempre avendone cura e usando le dita per far presa, ritirare la carta dalla bacinella, fatela sgocciolare e ponetela a testa in su sopra la lastra di alluminio;
- eliminate il primo strato di acqua con il tergicopie e lasciate riposare la stampa;
- abbiate MASSIMA cura della carta durante il travaso da una bacinella ad un’altra nella fase di sviluppo. Non usate pinze, usate solo le dita, prendendo la carta da due angoli e avendo cura di farla sgocciolare per bene fra un bagno ed un altro;
ASCIUGATURA
- quando non c’è più una goccia d’acqua in superficie e la stampa è ancora umida ma comincia appena a “scollarsi” dall’alluminio (circa 30 minuti), prendete la carta (sempre avendone la massima cura!) e posizionatela nel mezzo di un “sandwich” fatto con due fogli di FRIO.
- mezz’ora senza pesi, quindi sostituire con fogli FRIO nuovi;
- mezz’ora con un peso leggero (ponete sul sandwich un libro), quindi sostituire con fogli FRIO nuovi;
- una notte sotto pressa (ponete sul sendwich 4 o 5 libri pesanti).