Manolo82rm
PRO
Oggi sono stato alla mostra di Steve McCurry e volevo condividere con voi le mie impressioni.
Partiamo dalla location... un ex mattatoio di Roma, adibito ad expò.
Lo spazio del capannone era organizzato in piccole "cupole" (costruzioni circolari a tralicci di circa 5 metri di diametro) collegate da brevissimi corridoi.
Lo spazio era un po' angusto e considerando l'affluenza di persone, si faticava a vedere le foto da più di 1 metro (foto stampate in formati grandi, le più piccole erano 70x50 o forse anche qualcosa di più).
Qui apro una piccola parentesi... dicono che gli italiani sono incivili quando vanno all'estero, cosa sicuramente vera, ma da quello che ho visto oggi posso affermare che anche gli altri popoli sono assolutamente incivili! Non si poteva fotografare e se ne sono fregati... un gruppo di turiste spagnole o portoghesi aveva il vizio di passare davanti alle persone che vedevano le foto (da 1 metro) e fermarsi davanti, impedendo la visuale a tutti o proiettando la propria ombra sulla foto, fregandosene altamente.
Per fortuna che c'era qualcuno che si faceva sentire, con le sagaci e spiazzanti battute romane.
Detto questo, passiamo alla parte che più interessa... com'erano le foto?
Beh, iniziamo col dire che vedere le foto su uno schermo è ben diverso dal vederle stampate.
La famosa foto della ragazza afgana, vista dal vivo, è un'esperienza totalmente diversa... la tridimensionalità, i colori e l'emozione sono di tutt'altro spessore.
Il tessuto che scende dal capo sembra "vero" e viene voglia di allungare la mano e toccarlo.
I contrasti e la gestione delle luci sono qualcosa di disarmante... stentavo veramente a credere ai miei occhi, certi effetti e le emozioni che essi mi comunicavano erano veramente qualcosa che non pensavo di trovare in una fotografia.
Senza ombra di dubbio ora posso dire di aver visto una foto ben esposta e ben bilanciata nei toni.
Ricordo occhi nitidi all'inverosimile e scuri come la notte che non permettevano allo sguardo di andare altrove, catturandoti e portandoti nel loro mondo di emozioni.
Ogni segno, ogni ruga, ogni macchia della pelle sembrava messa lì per uno scopo.
Anche la disposizione delle foto stesse sembrava un gioco di contrasti... vite ricche e povere alternate tra loro a sottolinearsi l'una con l'altra.
Sul piano umanistico poi, ci sarebbe da parlarne per ore... scene di guerra e di malattia crude che toccavano l'anima, corpi carbonizzati dalle esplosioni, gente mutilata in letti di sporchi ospedali, una vita reale lontana anni luce da quella agiata e tranquilla che conduciamo noi nelle nostre case.
Bambini con fucile in mano e volto segnato dal tempo, come quello di chi ha troppi anni sulle spalle... donne sfiorite prima del tempo a causa di una vita dura, tra cui anche la famosa ragazza afgana, fotografata nuovamente dopo alcuni anni e totalmente cambiata.
Alla fine della mostra 2 foto mi hanno molto impressionato... la prima ritraeva una bimba ben vestita su una panchina, con una mano posata in grembo e l'altra a coprire la bocca in un gesto di ilarità... la seconda ritraeva un bambino sporco e visibilmente malato, intendo a sorridere alla fotocamera, mentre tiene una mano appoggiata al grembo, forse per via di un braccio rotto e con l'altra mano, alzata come quella della bimba, gira la ruota di una bicicletta usata come motrice di un rudimentale congegno...
Se avrete modo di andarci, secondo me ne vale veramente la pena.
Partiamo dalla location... un ex mattatoio di Roma, adibito ad expò.
Lo spazio del capannone era organizzato in piccole "cupole" (costruzioni circolari a tralicci di circa 5 metri di diametro) collegate da brevissimi corridoi.
Lo spazio era un po' angusto e considerando l'affluenza di persone, si faticava a vedere le foto da più di 1 metro (foto stampate in formati grandi, le più piccole erano 70x50 o forse anche qualcosa di più).
Qui apro una piccola parentesi... dicono che gli italiani sono incivili quando vanno all'estero, cosa sicuramente vera, ma da quello che ho visto oggi posso affermare che anche gli altri popoli sono assolutamente incivili! Non si poteva fotografare e se ne sono fregati... un gruppo di turiste spagnole o portoghesi aveva il vizio di passare davanti alle persone che vedevano le foto (da 1 metro) e fermarsi davanti, impedendo la visuale a tutti o proiettando la propria ombra sulla foto, fregandosene altamente.
Per fortuna che c'era qualcuno che si faceva sentire, con le sagaci e spiazzanti battute romane.
Detto questo, passiamo alla parte che più interessa... com'erano le foto?
Beh, iniziamo col dire che vedere le foto su uno schermo è ben diverso dal vederle stampate.
La famosa foto della ragazza afgana, vista dal vivo, è un'esperienza totalmente diversa... la tridimensionalità, i colori e l'emozione sono di tutt'altro spessore.
Il tessuto che scende dal capo sembra "vero" e viene voglia di allungare la mano e toccarlo.
I contrasti e la gestione delle luci sono qualcosa di disarmante... stentavo veramente a credere ai miei occhi, certi effetti e le emozioni che essi mi comunicavano erano veramente qualcosa che non pensavo di trovare in una fotografia.
Senza ombra di dubbio ora posso dire di aver visto una foto ben esposta e ben bilanciata nei toni.
Ricordo occhi nitidi all'inverosimile e scuri come la notte che non permettevano allo sguardo di andare altrove, catturandoti e portandoti nel loro mondo di emozioni.
Ogni segno, ogni ruga, ogni macchia della pelle sembrava messa lì per uno scopo.
Anche la disposizione delle foto stesse sembrava un gioco di contrasti... vite ricche e povere alternate tra loro a sottolinearsi l'una con l'altra.
Sul piano umanistico poi, ci sarebbe da parlarne per ore... scene di guerra e di malattia crude che toccavano l'anima, corpi carbonizzati dalle esplosioni, gente mutilata in letti di sporchi ospedali, una vita reale lontana anni luce da quella agiata e tranquilla che conduciamo noi nelle nostre case.
Bambini con fucile in mano e volto segnato dal tempo, come quello di chi ha troppi anni sulle spalle... donne sfiorite prima del tempo a causa di una vita dura, tra cui anche la famosa ragazza afgana, fotografata nuovamente dopo alcuni anni e totalmente cambiata.
Alla fine della mostra 2 foto mi hanno molto impressionato... la prima ritraeva una bimba ben vestita su una panchina, con una mano posata in grembo e l'altra a coprire la bocca in un gesto di ilarità... la seconda ritraeva un bambino sporco e visibilmente malato, intendo a sorridere alla fotocamera, mentre tiene una mano appoggiata al grembo, forse per via di un braccio rotto e con l'altra mano, alzata come quella della bimba, gira la ruota di una bicicletta usata come motrice di un rudimentale congegno...
Se avrete modo di andarci, secondo me ne vale veramente la pena.