Steve McCurry al Macro di Roma

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Oggi sono stato alla mostra di Steve McCurry e volevo condividere con voi le mie impressioni.

Partiamo dalla location... un ex mattatoio di Roma, adibito ad expò.
Lo spazio del capannone era organizzato in piccole "cupole" (costruzioni circolari a tralicci di circa 5 metri di diametro) collegate da brevissimi corridoi.
Lo spazio era un po' angusto e considerando l'affluenza di persone, si faticava a vedere le foto da più di 1 metro (foto stampate in formati grandi, le più piccole erano 70x50 o forse anche qualcosa di più).
Qui apro una piccola parentesi... dicono che gli italiani sono incivili quando vanno all'estero, cosa sicuramente vera, ma da quello che ho visto oggi posso affermare che anche gli altri popoli sono assolutamente incivili! Non si poteva fotografare e se ne sono fregati... un gruppo di turiste spagnole o portoghesi aveva il vizio di passare davanti alle persone che vedevano le foto (da 1 metro) e fermarsi davanti, impedendo la visuale a tutti o proiettando la propria ombra sulla foto, fregandosene altamente.
Per fortuna che c'era qualcuno che si faceva sentire, con le sagaci e spiazzanti battute romane. :fischietta: ;)

Detto questo, passiamo alla parte che più interessa... com'erano le foto?

Beh, iniziamo col dire che vedere le foto su uno schermo è ben diverso dal vederle stampate.
La famosa foto della ragazza afgana, vista dal vivo, è un'esperienza totalmente diversa... la tridimensionalità, i colori e l'emozione sono di tutt'altro spessore.
Il tessuto che scende dal capo sembra "vero" e viene voglia di allungare la mano e toccarlo.

I contrasti e la gestione delle luci sono qualcosa di disarmante... stentavo veramente a credere ai miei occhi, certi effetti e le emozioni che essi mi comunicavano erano veramente qualcosa che non pensavo di trovare in una fotografia.
Senza ombra di dubbio ora posso dire di aver visto una foto ben esposta e ben bilanciata nei toni.
Ricordo occhi nitidi all'inverosimile e scuri come la notte che non permettevano allo sguardo di andare altrove, catturandoti e portandoti nel loro mondo di emozioni.
Ogni segno, ogni ruga, ogni macchia della pelle sembrava messa lì per uno scopo.

Anche la disposizione delle foto stesse sembrava un gioco di contrasti... vite ricche e povere alternate tra loro a sottolinearsi l'una con l'altra.

Sul piano umanistico poi, ci sarebbe da parlarne per ore... scene di guerra e di malattia crude che toccavano l'anima, corpi carbonizzati dalle esplosioni, gente mutilata in letti di sporchi ospedali, una vita reale lontana anni luce da quella agiata e tranquilla che conduciamo noi nelle nostre case.
Bambini con fucile in mano e volto segnato dal tempo, come quello di chi ha troppi anni sulle spalle... donne sfiorite prima del tempo a causa di una vita dura, tra cui anche la famosa ragazza afgana, fotografata nuovamente dopo alcuni anni e totalmente cambiata.

Alla fine della mostra 2 foto mi hanno molto impressionato... la prima ritraeva una bimba ben vestita su una panchina, con una mano posata in grembo e l'altra a coprire la bocca in un gesto di ilarità... la seconda ritraeva un bambino sporco e visibilmente malato, intendo a sorridere alla fotocamera, mentre tiene una mano appoggiata al grembo, forse per via di un braccio rotto e con l'altra mano, alzata come quella della bimba, gira la ruota di una bicicletta usata come motrice di un rudimentale congegno...

Se avrete modo di andarci, secondo me ne vale veramente la pena.
 
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Domenica... alle 16... quindi credo orario di punta... eheheheh

Se vai in settimana secondo me trovi poche persone e te la gusti bene. ;)
 

McMartin

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Grazie per la condivisione ;)
 

S8un3no

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Andrò anche io questo mese... credo proprio in infrasettimanale... sperando di evitare la ressa!
Anche se poco ci credo riuscirò ad evitarla! ;)

Complimenti davvero per il piccolo articolo... mi sono emozionato già leggendo!
Non oso immaginare cosa proverò dinnanzi a quei capolavori!
Grazie Manolo!!!
 
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Grazie a voi :)

S8un3no se vieni da solo o con un amico, fammi sapere che se posso vengo da quelle parti e ci prendiamo un caffè. :)
 

S8un3no

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Zaccaino

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Oggi sono stato alla mostra di Steve McCurry e volevo condividere con voi le mie impressioni.

Partiamo dalla location... un ex mattatoio di Roma, adibito ad expò.
Lo spazio del capannone era organizzato in piccole "cupole" (costruzioni circolari a tralicci di circa 5 metri di diametro) collegate da brevissimi corridoi.
Lo spazio era un po' angusto e considerando l'affluenza di persone, si faticava a vedere le foto da più di 1 metro (foto stampate in formati grandi, le più piccole erano 70x50 o forse anche qualcosa di più).
Qui apro una piccola parentesi... dicono che gli italiani sono incivili quando vanno all'estero, cosa sicuramente vera, ma da quello che ho visto oggi posso affermare che anche gli altri popoli sono assolutamente incivili! Non si poteva fotografare e se ne sono fregati... un gruppo di turiste spagnole o portoghesi aveva il vizio di passare davanti alle persone che vedevano le foto (da 1 metro) e fermarsi davanti, impedendo la visuale a tutti o proiettando la propria ombra sulla foto, fregandosene altamente.
Per fortuna che c'era qualcuno che si faceva sentire, con le sagaci e spiazzanti battute romane. :fischietta: ;)

Detto questo, passiamo alla parte che più interessa... com'erano le foto?

Beh, iniziamo col dire che vedere le foto su uno schermo è ben diverso dal vederle stampate.
La famosa foto della ragazza afgana, vista dal vivo, è un'esperienza totalmente diversa... la tridimensionalità, i colori e l'emozione sono di tutt'altro spessore.
Il tessuto che scende dal capo sembra "vero" e viene voglia di allungare la mano e toccarlo.

I contrasti e la gestione delle luci sono qualcosa di disarmante... stentavo veramente a credere ai miei occhi, certi effetti e le emozioni che essi mi comunicavano erano veramente qualcosa che non pensavo di trovare in una fotografia.
Senza ombra di dubbio ora posso dire di aver visto una foto ben esposta e ben bilanciata nei toni.
Ricordo occhi nitidi all'inverosimile e scuri come la notte che non permettevano allo sguardo di andare altrove, catturandoti e portandoti nel loro mondo di emozioni.
Ogni segno, ogni ruga, ogni macchia della pelle sembrava messa lì per uno scopo.

Anche la disposizione delle foto stesse sembrava un gioco di contrasti... vite ricche e povere alternate tra loro a sottolinearsi l'una con l'altra.

Sul piano umanistico poi, ci sarebbe da parlarne per ore... scene di guerra e di malattia crude che toccavano l'anima, corpi carbonizzati dalle esplosioni, gente mutilata in letti di sporchi ospedali, una vita reale lontana anni luce da quella agiata e tranquilla che conduciamo noi nelle nostre case.
Bambini con fucile in mano e volto segnato dal tempo, come quello di chi ha troppi anni sulle spalle... donne sfiorite prima del tempo a causa di una vita dura, tra cui anche la famosa ragazza afgana, fotografata nuovamente dopo alcuni anni e totalmente cambiata.

Alla fine della mostra 2 foto mi hanno molto impressionato... la prima ritraeva una bimba ben vestita su una panchina, con una mano posata in grembo e l'altra a coprire la bocca in un gesto di ilarità... la seconda ritraeva un bambino sporco e visibilmente malato, intendo a sorridere alla fotocamera, mentre tiene una mano appoggiata al grembo, forse per via di un braccio rotto e con l'altra mano, alzata come quella della bimba, gira la ruota di una bicicletta usata come motrice di un rudimentale congegno...

Se avrete modo di andarci, secondo me ne vale veramente la pena.
eh bhe ci credo che le foto erano mostruoso..stai parlando di un grande mica del Stefano.Minella!
 

Hypereyed

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Nella cornice della mia fuga romana, ho potuto apprezzare la mostra sabato pomeriggio.

Disturbante la location nella sua specifica e lampante destinazione ormai fuori uso. Ho avvertito con forza l'impressione di aggirarmi per Auschwitz, versione animale.

Al di là di questo confermo quanto scritto dal caro Manolo82rm: ne vale sicuramente la pena.
Ottimo l'allestimento giocato sulle cupole, in chiave tematica e rivolto ad un percorso progressivo, anche per intensità emozionale.

Da segnalare il padiglione introduttivo, zeppo di video concessi dal National Geographic per presentare sia il fotografo che il suo lavoro, con particolare attenzione resa alla nota vicenda del ritrovamento di Sharbat Gula.

Correte, Steve vi aspetta! :yes:
 
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Si, Steve me lo aveva detto... voleva anche un paio di consigli, ma gli ho detto che avevo da fare, altrimenti non mi molla più...
 
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